La pubalgia nei calciatori è un disturbo frequente e può causare un allontanamento dal campo di gioco per un periodo più o meno lungo. Scopri i tempi di recupero.
La pubalgia nei calciatori è un disturbo frequente e può causare un allontanamento dal campo di gioco per un periodo più o meno lungo. Scopri i tempi di recupero.
La pubalgia nei calciatori è un disturbo piuttosto frequente e può causare un allontanamento dal campo di gioco per un periodo più o meno lungo, a seconda della gravità del danno.
Tutti quelli che giocano a calcio, o in generale che praticano altri sport in cui questo disturbo si potrebbe manifestare, dovrebbero informarsi su cos’è la pubalgia, quali sono i sintomi più frequenti, come fare diagnosi e quali sono in media i tempi di recupero.
Fermo restando che la diagnosi di pubalgia e le indicazioni su come intervenire e sui tempi di recupero spettano ai professionisti sanitari, essere informati su questa patologia può aiutare a comprendere meglio i suggerimenti dei medici.
Con il termine pubalgia si fa riferimento a un dolore localizzato a livello pubico, ovvero in corrispondenza dell’inguine. Spesso ci si riferisce a questa condizione dolorosa con l’espressione sindrome retto-adduttoria: è stato evidenziato infatti che in questo disturbo sono coinvolti il tendine degli adduttori e il tendine del retto dell’addome.
Nel descrivere cos’è la pubalgia è essenziale spiegare che sono diverse in realtà le patologie che possono portare a un dolore localizzato a livello inguinale. Per questo motivo il termine pubalgia in un paziente che riferisce dolore all’inguine in realtà non è appropriato, bisognerebbe individuare nello specifico qual è la patologia alla base del dolore.
Un dolore inguinale può essere dovuto infatti a diverse condizioni patologiche. Tra le più frequenti si ricordano le lesioni a carico dei muscoli, il dolore addominale, l’artrosi dell’articolazione coxo-femorale e l’ernia inguinale.
In riferimento alla pubalgia nei calciatori, nella maggior parte dei casi è da ascrivere alla sindrome retto-adduttoria. Chi pratica questo sport effettua di frequente al momento di calciare la palla la flessione del busto e l’adduzione della coscia. Il coinvolgimento del tendine degli adduttori e del tendine del retto dell’addome si ha per ripetuti sforzi submassimali, che alla lunga portano alla sofferenza di questi stessi tendini con insorgenza della sintomatologia dolorosa.
In alcuni casi la sintomatologia dolorosa può essere causata da un unico traumatismo di entità maggiore, ma nella maggior parte dei casi di pubalgia in chi gioca a calcio è il sovraccarico muscolare che determina la sofferenza delle fibre muscolari e soprattutto delle inserzioni tendinee.
Conoscere i sintomi della pubalgia può essere di aiuto per orientarsi nell’individuazione del problema. Sulla base della sintomatologia è possibile supporre la diagnosi di sindrome retto-adduttoria, soprattutto se si gioca a calcio o si praticano altri sport che aumentano il rischio di insorgenza di questa condizione. Si ricorda comunque che la diagnosi di pubalgia deve essere fatta da un medico.
Il paziente con sindrome retto-adduttoria avverte dolore in particolare quando esegue dei movimenti che coinvolgono gli adduttori. Tipici movimenti sono l’alzarsi da posizione seduta, camminare e nel caso degli sportivi calciare il pallone.
La comparsa di questo dolore che non va incontro rapidamente a risoluzione spontanea deve far scattare un campanello d’allarme e deve spingere il paziente ad andare a visita medica. La pubalgia infatti può cronicizzare, portando a una limitazione funzionale che potrebbe impattare negativamente sulle prestazioni sportive e sulla qualità della vita quotidiana.
La diagnosi di pubalgia effettuata dal medico è nella maggior parte dei casi una diagnosi clinica. Questo significa che il professionista sanitario pone diagnosi sulla base della sintomatologia riferita dal paziente e dell’esame obiettivo, osservando l’evocazione del dolore nell’effettuare specifici movimenti.
A supporto della diagnosi si possono richiedere anche degli accertamenti strumentali. L’ecografia può tornare utile per valutare la presenza di eventuali lesioni muscolari e/o tendinee causate da un traumatismo acuto o dal susseguirsi di microtraumatismi dovuti a sforzi submassimali. Con l’ecografia inoltre è possibile individuare alcune ernie inguinali, che potrebbero essere causa di dolore all’inguine e che vanno dunque poste in diagnosi differenziale.
Se si sospetta invece che il dolore all’inguine sia causato dall’artrosi dell’articolazione coxo-femorale si può richiedere una radiografia dell’anca e del bacino. La radiografia non è un accertamento strumentale richiesto routinariamente per i pazienti con dolore dell’inguine, soprattutto se si sta valutando la pubalgia nei calciatori.
Trattandosi di un disturbo da sovraccarico muscolare – tranne nei casi dovuti a eventi traumatici singoli con lesione muscolare e/o tendinea – per il recupero è fondamentale osservare un periodo di riposo.
I tempi di recupero della pubalgia nei calciatori sono variabili, dipendono infatti dall’entità del sovraccarico muscolare che ha portato alla condizione dolorosa e dall’eventuale periodo di attività nonostante il dolore. Se si compiono infatti ulteriori sforzi quando già si avverte dolore la condizione peggiora e i tempi di recupero si allungano.
In generale è necessario osservare un riposo di almeno 2 settimane, che può arrivare in alcuni pazienti anche ad alcuni mesi. E’ importante valutare caso per caso, ricordando che la pubalgia nei calciatori può trasformarsi in un problema serio con impatto negativo sulle loro prestazioni. E’ fondamentale quindi intervenire prontamente e mettere in atto tutte le possibili strategie terapeutiche per risolvere il problema.
Per spiegare come curare la pubalgia nei calciatori va detto che il riposo è un elemento fondamentale, ma non è l’unico da tenere a mente. L’applicazione di ghiaccio e l’assunzione di farmaci antinfiammatori sono altri due elementi che entrano a far parte del trattamento standard della sindrome retto-addominale negli sportivi.
Negli ultimi anni è stata introdotta in maniera sempre più estesa la terapia fisica. Essa si basa essenzialmente sulla massoterapia e sulla kinesiterapia, che prevede degli esercizi volti all’allungamento degli adduttori. Per risolvere la sintomatologia dolorosa si possono proporre al paziente anche altre terapie fisiche, tra cui gli ultrasuoni, le onde d’urto e la tecarterapia.
Per la definizione del percorso terapeutico da seguire per curare la sindrome retto-addominale e per risolvere il dolore a livello inguinale si raccomanda di rivolgersi a un medico.
I calciatori possono rivolgersi a un medico dello sport, specializzato nelle patologie causate dall’attività sportiva e con formazione specifica sui temi legati al mondo dello sport. Si sconsiglia di scegliere in autonomia i farmaci da assumere e la terapia fisica a cui sottoporsi.